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Quali effetti può avere l’inquinamento acustico sulla salute del lavoratore?

La continua meccanizzazione della produzione determina la crescente introduzione di apparecchiature tecnologiche in azienda, causando l’incremento delle fonti di rumore e, quindi, l’aumento della percentuale di lavoratori esposti a tale fattore di rischio.
Nella valutazione dell’inquinamento acustico, i parametri utilizzati sono l’ampiezza (pressione sonora, rappresenta in decibel) la frequenza (numero di oscillazioni compiute dalla vibrazione in un secondo, stimata in hertz) e la durata.

Il D.Lgs. 195/2006 stabilisce il valore limite di esposizione (giornata lavorativa di 8 h) pari a 87dB(A), il valore superiore di azione (giornata lavorativa di 8 h) pari a 85 dB(A), il valore inferiore di azione (giornata lavorativa di 8 h) pari a 80 dB(A) e il livello di esposizione settimanale al rumore (5 giorni lavorativi, 8 h al giorno, nel caso di esposizione giornaliera variabile) di 87dB(A).

Tra le conseguenze ed effetti che il rumore può avere sulla salute, l’ipoacusia (o sordità) è la malattia professionale più frequente statisticamente.

Gli effetti del rumore sull’uomo possono essere:

  • Uditivi: percezione iniziale di fischi e ronzii con momentanea riduzione della capacità uditiva e conseguente sordità (generalmente bilaterale e simmetrica). Tra le reazioni è possibile riscontrare uno stato di sordità temporanea con il recupero della sensibilità dopo riposo notturno in ambiente silenzioso, uno stato di fatica con persistente riduzione della sensibilità e disturbi nell’udibilità della voce di conversazione per circa 10 giorni e uno stato di sordità da trauma acustico cronico con riduzione dell’intelligibilità del 50%;

 

  • Extrauditivi: facile irritabilità, insonnia, difficoltà digestiva, gastriti o ulcere, aumento della pressione arteriosa, disturbi mestruali, alterazioni tiroidee, riduzione della capacità di concentrazione (fino a condurre, in alcuni casi, una sindrome ansioso-depressiva).

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